Le fortificazioni cinquecentesche a Palermo
All’inizio del XVI secolo il viceré di Sicilia Ettore Pignatelli Alferi, duca di Monteleone cominciò ad intraprendere l’opera di fortificazione delle principali città costiere siciliane spesso minacciate dalle numerose incursioni barbaresche. In effetti, la diffusione delle armi da fuoco e dei cannoni, rese necessario adeguare il sistema difensivo cittadino.
Nel 1536 l’ingegnere di origine bergamasche Antonio Ferramolino, esperto in edilizia militare, fu incaricato dal subentrante viceré Ferrante Gonzaga di realizzare un nuovo sistema di fortificazioni. In realtà la città di Palermo (come tutte le città dell’isola) era già protetta da alte mura merlate e da torrioni che però erano troppo fragili ed inadeguati a resistere alle nuove armi da fuoco quali i cannoni che, utilizzati anche dalle navi, riuscivano a neutralizzare facilmente i sistemi difensivi della città.
Nacque così la necessità di realizzare strutture difensive più moderne e più idonee a resistere alle nuove forme di aggressione, soprattutto da parte dei pirati provenienti dal mare. Si pensò quindi di costruire mura più basse ma molto più solide e resistenti ai cannoneggiamenti; tali mura furono intervallate da bastioni e baluardi (13 in tutto) oltre i quali correva un fossato. Sui bastioni furono collocate, in forma stabile, batterie di cannoni e di armi da fuoco, in grado di rispondere agli attacchi nemici rendendoli inoffensivi e di difendere le porte d’accesso alla città, che si trovavano nei loro pressi.
La città era protetta anche dai due castelli principali e cioè il Palazzo Reale e il Castello a Mare ed anche da alcuni forti minori quali la Garita, il Forte del Molo e quello della Lanterna. Infine, in direzione di Messina i forti di S.Erasmo, di Sacramento e la Torre di Acqua dei Corsari completavano la difesa della costa vicina alla città.
La difesa delle città andava di pari passo con la difesa delle coste grazie alla costruzione di torri di avvistamento che, in tempo reale, fossero in grado di segnalare, per mezzo di fuochi o fumi, l’arrivo dal mare delle navi dei pirati.
Palermo quindi si fornì di una nuova cinta muraria la cui realizzazione si protrasse nel tempo e coinvolse anche le successive amministrazioni viceregie, prime fra tutte quelle di Ferrante I Gonzaga, (1535-1546) e di Juan de Vega (1547-57) e di altri successivi viceré.
Terminati i lavori di edificazione della nuova cinta muraria la città assunse quella forma che la contraddistingue ancora oggi, almeno per quanto riguarda il centro storico. Alla fine dello stesso secolo XVI, l’apertura della via Nuova (1599), oggi via Maqueda suddividerà la città nei quattro mandamenti che ancora oggi la caratterizzano. La stampa della città di Palermo, compilata da Orazio Maiocco, incisa da Natale Bonifacio e pubblicata a Roma da Claudio Duchetti nel 1580, fotografa la città alla luce delle nuove fortificazioni realizzate all’inizio del secolo XVI.
Mappa di Palermo di Orazio Maiocco intorno al 1580
Lungo il margine inferiore della stampa è incisa una legenda numerica con 128 voci, distribuite su quindici colonne, che rimandano a luoghi e monumenti importanti, tra i quali i bastioni e i baluardi.
I 13 bastioni svolsero la loro funzione difensiva soprattutto nei secoli XVI e XVII ma col passare del tempo, diminuendo le incursioni barbaresche dal mare, molti di essi, inutilizzati, furono dati in concessione sia a famiglie facoltose che a enti religiosi o laici i quali sfruttarono gli spazi per uso funzionale alle proprie necessità.
BASTIONE DEL PALAZZO O DI S. PIETRO O DI PORTA DI CASTRO
Il bastione, a forma pentagonale, è tuttora esistente e nei secoli, ebbe differenti denominazioni: si chiamò bastione del Palazzo dal Palazzo Reale, di S. Pietro dalla chiesa dedicata a S. Pietro (Cappella Palatina) e di Porta di Castro dalla vicina porta che sovrastava. Esiste ancora oggi la via Porta di Castro che si diparte proprio dalla piazzetta sottostante il bastione, detta della Pinta o dell’Itria (dall’omonima chiesetta). Da questa stessa piazzetta ha altresì origine la via del Bastione che ricorda lo stesso baluardo. Quest’ultimo fu eretto per volere di Ferrante Gonzaga come difesa del lato occidentale della città prospicente il piano di Santa Teresa (attuale piazza Indipendenza) e fu portato a termine nel 1560 dal viceré Juan de la Cerda. Il bastione fu potenziato nel 1649 per volere del presidente del regno Gian Giacomo Teodoro Trivulzio, a seguito di rivolte popolari contro il potere viceregio Questi fece costruire, a difesa del palazzo dei viceré, due ulteriori bastioni più piccoli (S.Michele lato Porta di Castro e S.Giacomo lato Porta Nuova) muniti di artiglieria e rivolti ad oriente, verso la città. Durante i moti rivoluzionari del 1848 questi due bastioni furono danneggiati, e subito dopo demoliti.
Panorama della Citta da Porta Nuova (1837) La Duca – Cartografia generale della città di Palermo. A sinistra il bastione di S.Giacomo e a destra quello di S.Michele
Quando il bastione perse la sua funzione difensiva, fu impiantato sulla sua sommità un giardino che, alla fine dell’800, aveva le caratteristiche tipiche del giardino rinascimentale.
Oggi il giardino del bastione è sicuramente meno curato di allora ma mantiene ancora un certo decoro sebbene accolga numerose infrastrutture di servizio. Pietro Todaro, esperto del sottosuolo di Palermo, ci dice che al di sotto delle fondazioni perimetrali del bastione di S. Pietro al Palazzo Reale esiste un camminamento sotterraneo militare.
BASTIONE DEL PAPIRETO O DELLA BALATA O DI PORTA D’OSSUNA O DI PORTA GUCCIA
Il bastione ha avuto nel corso dei secoli numerose denominazioni: si chiamò del Papireto, dal fiume omonimo che scorreva nei pressi, della Balata, dalla sorgente omonima che si trovava lì vicino (Ayn Rotah, araba), di Porta d’Ossuna, dall’antica porta che fu aperta il 4 febbraio 1613 sotto il governo del viceré di Sicilia Pietro Giron duca d’Ossuna.
Nel 1792, venuta a mancare l’originaria funzione di difesa del sito, il Senato Palermitano concesse al marchese Giovan Battista Guccia e Bonomolo il terreno insistente sul bastione. Questi vi fece realizzare la propria dimora nobiliare che fu inaugurata nel 1793. Dal palazzo è possibile accedere al giardino pensile in cui si trova una vecchia torretta sulla quale, in periodo bellico, si sarebbe dovuta montare una postazione antiaerea. I sotterranei del palazzo, che farebbero parte del complesso catacombale di Porta D’Ossuna, furono utilizzati nel 1940 come ricovero antiaereo.
Si accede al palazzo, e di conseguenza al bastione, dal vicolo Guccia ad angolo con la via Papireto, accanto al convento delle Cappuccinelle in cui, in un seminterrato, fu realizzata la sepoltura delle monache. Nella seconda metà dell’800, il nipote omonimo del fondatore del palazzo fu accademico e Professore Ordinario presso Regia Università di Palermo, nonché fondatore del Circolo dei Matematici, uno dei più emeriti d’Europa.
Bastione del Papireto. Google Earth
Bastione del Papireto. In basso l’ingresso del palazzo Guccia in via Guccia. Google Earth
Bastione del Papireto. A destra in basso l’antica torretta. Google Earth
Bastione del Papireto lato sud
Bastione del Papireto su via Papireto. A sinistra inizio di Via Guccia (foto Pezzillo)
Via Guccia. In alto il giardino del Bastione del Papireto
Via Guccia ingresso del palazzo omonima
BASTIONE ARAGONA O DELLA CONCEZIONE O DI PORTA CARINI
Il viceré Carlo d’Aragona duca di Terranova nel 1572 fece erigere il bastione che fu a lui intestato anche se fu noto come baluardo di Porta Carini perché si trovava nei pressi di detta porta. Fu ampliato e fortificato nel 1637 dal presidente del regno principe di Paternò Moncada. Nel 1781, mentre era pretore Giuseppe Lanza, principe di Trabia, il bastione, oramai in disuso, fu ceduto in concessione per la somma di 200 onze con l’obbligo di impiantarvi, su progetto di Giuseppe Venanzio Marvuglia, un orto botanico ad uso della cittadinanza. Meno di 10 anni dopo, con il trasferimento dello stesso Orto Botanico nei terreni del Duca d’Archirafi, accanto a Villa Giulia, il bastione fu venduto per 1000 onze alle suore del vicino Monastero di Maria Immacolata della Concezione. A seguito dell’unità d’Italia, con la confisca dei beni ecclesiastici, il monastero con l’annesso bastione, fu convertito nel 1864 in ospedale. Nell’angolo del giardino si poteva vedere una delle torri che s’intramezzavano alle mura di cinta della città nel secolo XV. Nel 1932 sia il bastione che parte del monastero furono demoliti per permettere la realizzazione del nuovo Palazzo di Giustizia sin ad allora allocato nel complesso dello Steri. Gli ultimi resti del monastero risultarono distrutti durante uno dei bombardamenti alleati del 1943. Una piccola curiosità riguarda porta Carini: essa fu ricostruita e spostata all’altezza dell’attuale via Volturno, più in avanti rispetto alla sua collocazione originaria. Di questo si incaricarono alla fine del ‘700 le monache del vicino convento di S.Vito, in cambio della concessione, da parte del pretore della città, dell’uso gratuito del bastione omonimo. A conferma di quanto detto è sufficiente recarsi nella vicina via Mura di Porta Carini che si trova alle spalle della porta omonima e lungo la quale è possibile riconoscere tracce delle antiche mura che si trovano più indietro rispetto alla attuale porta Carini. La stessa via ha un altro tratto, separato dal primo, che inizia dall’incrocio tra via del Noviziato e la piazza della nuova Pretura e termina in via Papireto, proprio all’altezza dell’incrocio con via Guccia mostrando così la contiguità tra i due baluardi. Anche in questo secondo spezzone di via Mura di Porta Carini ci sono ancora piccoli brandelli delle antiche mura della città.
Bastione Aragona prima della sua demolizione
Baluardo Aragona prima della demolizione
Lavori di demolizione del baluardo Aragona
Costruzione del nuovo Palazzo di Giustizia
Via Mura di Porta Carini – Primo tratto
Via Mura di Porta Carini – Secondo tratto
BASTIONE DI SAN VITO O GONZAGA
Fu edificato su iniziativa del viceré Ferdinando Gonzaga intorno al 1537 e da lui prese il nome anche se era più noto alla cittadinanza come bastione di S.Vito dal nome della chiesa e del monastero delle religiose del Terz’Ordine francescano che si trovavano nei pressi.
Nel 1781 il baluardo fu ceduto alle monache del monastero (quest’ultimo sotto il titolo di «Santa Maria di tutte le Grazie») che adattarono il bastione a giardino pieno di piante e fiori costruendo anche una passerella di collegamento con il monastero.
Dopo l’unità d’Italia, con la soppressione degli ordini religiosi il demanio acquisì nel 1866 il monastero, trasformandolo in caserma. Oggi è sede del comando provinciale dei Carabinieri.
Al centro la passerella che metteva in comunicazione il monastero col Bastione. Google Earth
Del bastione originario resta ancor oggi un giardino pensile al centro del quale si trova un edificio di civile abitazione.
Il bastione si scorge ancora attraverso l’accesso ad alcuni uffici dell’AMAP in via Volturno all’altezza del civico n. 4.
Bastione di S.Vito oggi. Google Earth
Il bastione di S.Vito dall’ingresso degli uffici AMAP in via Volturno
BALUARDO DI SAN GIULIANO O DELLA DONNA VEDOVA O D’ITRIA O DI MAQUEDA
Il baluardo fu eretto nel 1536, parzialmente demolito nel 1766 e poi definitivamente abbattuto nel 1880 insieme alla porta Maqueda. Durante questo periodo di tempo il baluardo ha assunto diverse denominazioni: si chiamò di S.Giuliano, in ricordo della chiesa omonima con annesso monastero teatino che si trovavano nei pressi e che vennero rasi al suolo nel 1875 per consentire la costruzione del Teatro Massimo; venne chiamato anche baluardo dell’Itria perché, sempre in zona, esisteva una chiesetta, presso l’attuale via Cavour, dedicata alla Madonna dell’Itria. Il toponimo Maqueda gli pervenne dall’omonima porta realizzata dal viceré Maqueda all’inizio del ‘600 per erigere la quale una parte dello stesso baluardo fu abbattuto. Oscura è, invece, la denominazione di baluardo della “Donna Vedova” o “Vidua”.
BASTIONE DI S. GIORGIO O DI SANTA ROSALIA O DEI SORDOMUTI
La città di Palermo ha accolto tre chiese dedicate a S.Giorgio: la chiesa di San Giorgio in Kemonia oggi nota come chiesa di San Giuseppe Cafasso, sita in via Benedettini (nei pressi di S. Giovanni degli Eremiti), la cui origine potrebbe risalire al IV secolo d.c.; poi c’è la chiesa dedicata a S.Giorgio dei Genovesi eretta dalla comunità genovese nel 1575 nel quartiere della Loggia, vicino la Cala, alla fine della via Squarcialupo (nei pressi dell’attuale Conservatorio Scarlatti); infine esisteva, già nel XIII secolo, una chiesetta (con una spiaggia e una tonnara) dedicata a S.Giorgio e che era collocata fuori le mura cittadine, vicino al Borgo di S.Lucia. Quando nel 1567 cominciarono i lavori per la costruzione del nuovo molo la chiesa e la tonnara furono abbattute. La porta di S.Giorgio (da cui sono tratti i nomi del bastione, della chiesa e della tonnara) risale alla fine del XII secolo mentre il bastione omonimo, fu edificato tra il 1536 e il 1571. Nel XVII secolo dopo il miracolo della peste e la proclamazione di Rosalia santa e patrona di Palermo, la porta ed il bastione furono intestati a S.Rosalia.
Alla fine del XVII secolo il bastione fu dismesso ed affidato ai padri dominicani del vicino convento di S.Cita (oggi caserma della Guardia di Finanza) i quali lo trasformarono in giardino. Alla fine del ‘700 fu concesso a Gregorio Castellas e successivamente al principe di Lampedusa. Nella seconda metà dell’800 il bastione era noto come Baluardo dei Sordo-muti in quanto annesso all’omonimo istituto che ancora oggi si trova allocato in via Cavour.
Nelle cronache storiche della città, la porta di S. Giorgio era famosa per il macabro rito, in uso fino alla prima metà del XIX secolo, di appendere a dei ganci le teste dei condannati a morte, chiuse in apposite gabbie.
BALUARDO DEL TUONO O DEL TERREMOTO
Fu costruito nel 1550 dal Viceré Giovanni de Vega insieme a quello adiacente di Vega e più di dieci anni dopo dalla costruzione dei sistemi di difesa previsti dal piano di Ferramolino. Era collocato nei pressi dell’attuale Palchetto della Musica, a metà strada fra la Porta Felice e la Porta dei Greci ed aveva pianta pressoché rettangolare. Si chiamò del Tuono perché là dove sorse, c’era una torre di difesa detta del Tuono che accoglieva un grosso cannone di difesa provocando un gran rumore e forti vibrazioni. Vi si accedeva direttamente da via Alloro ed era uno dei più armati tra quelli in servizio tant’è che fu impiegato il 2 giugno 1676 nella battaglia navale tra la flotta iberica e quella francese che si svolse nelle acque antistanti la città.
Fu il primo dei baluardi ad essere demolito, nel 1754, in quanto aveva perso la sua funzione di difesa. Nino Basile nella sua “Palermo Felicissima” ci dice che “Con il perfezionarsi delle discipline belliche (…) i nemici si avvicinavano al lido con barche piatte ed in tal modo si salvavano dai cannoni dei baluardi”; inoltre l’abbattimento si rese necessario “volendo rendere più nobile e spaziosa la strada Colonna“ (Foro Italico) .
Nella primavera del 2015 durante dei lavori per il rifacimento della rete fognaria vennero alla luce il basamento dei bastioni del Tuono e Vega.
BASTIONE VEGA
Fu costruito intorno al 1556 sotto il viceré Giovanni De Vega a cui fu intitolato. In riferimento alla struttura difensiva del Ferramolino i due bastioni del Tuono e di Vega furono aggiunti in una fase successiva per migliorare la capacità difensiva della città dal lato del mare, venendo così ad affiancare da un lato il Castello a Mare e dall’altro il Bastione dello Spasimo ed inglobando di fatto all’interno della cinta muraria della città l’area della Kalsa che prima ne era fuori (addizione Vega). Il bastione Vega era l’ultimo rivolto direttamente a mare nella parte orientale della cinta murata e aveva la forma di una freccia.
L’addizione urbana Vega
Era dotato di numerosi pezzi di artiglieria e, come quello del tuono, fu utilizzato nel 1676 a sostegno della flotta iberico-olandese durante la battaglia navale contro la flotta francese svoltasi nello specchio di mare antistante le mura cittadine.
Venuta scemando la sua funzione difensiva, il bastione fu affidato alla vigilanza dei principi Bonanno di Cattolica che furono più volte capitani della città e che ebbero il privilegio di poter risiedervi: la presenza di una “casina” ricavata sopra il bastione Vega, appartenente ai principi Bonanno, è attestata sin dal 1673.
Una parte del bastione fu demolito nel 1783 per allargare la strada Colonna (odierno Foro Italico) mentre la parte rimanente fu quella su cui era stato edificato il palazzo Cattolica.
Nel 2015 i lavori di adeguamento della rete fognaria hanno portato alla luce il basamento del bastione.
La trincea per i lavori della rete fognaria con i resti del Bastione Vega
A più riprese la casina fu rinnovata ed era nota soprattutto per lo splendido giardino “sparso di alberi e di piante forestiere ed indigene, che lo rendono all’estremo delizioso e vi sono disposti con ricercata ineguaglianza dei capricciosi ed ameni viali” (Gaspare Palermo Guida della Città di Palermo e suoi dintorni – 1816).
I moti del 1820 furono tragici per i Bonanno. Infatti, il principe Giuseppe Bonanno Branciforte venne ucciso e la casina saccheggiata. Nel 1833 la proprietà (compreso il baluardo) passò al marchese Enrico Carlo Forcella il quale vi fece costruire un palazzo. L’ultimo proprietario, agli inizi del ‘900 fu il marchese Francesco de Seta, prefetto di Palermo. Ancora oggi, entrando nel giardino adiacente al palazzo, è possibile scorgere quello che resta dell’orecchione del bastione Vega sopra il quale si trova un’ala del palazzo Forcella-De Seta.
Il Palazzo Forcella De Seta. Google Earth
Bastione Vega. Orecchione su cui si trova parte del palazzo De Seta
Bastione Vega. Dettaglio dell’orecchione
BASTIONE DELLA GARANA O GONZAGA O DELLO SPASIMO
Fu il primo bastione edificato a seguito del progetto di difesa muraria del Ferramolino. Il primo nome attribuito fu quello di Garana in ragione della presenza, nei dintorni, di molti arbusti della omonima pianta medicinale detta anche Noli Me Tangere o Balsamina. Successivamente fu intitolato al viceré Ferrante Gonzaga.
Il baluardo, tuttavia, era ed è noto col nome di Spasimo in ricordo del famoso dipinto di Raffaello, databile al 1517 circa, che attualmente si trova presso il museo del Prado di Madrid. Intorno al 1506 il giureconsulto Jacopo di Basilicò, in osservanza alle ultime volontà testamentarie della moglie, edificò a sue spese, all’interno di un terreno di sua proprietà, il Convento con annessa Chiesa dedicati a Santa Maria dello Spasimo, che donò successivamente ai monaci benedettini della Congregazione di Santa Maria di Monte Oliveto. Il giureconsulto commissionò il quadro a Raffaello affinché esso fosse collocato nell’altare della cappella gentilizia della stessa famiglia del Basilicò all’interno della chiesa.
Il complesso religioso, originariamente costruito fuori le mura, nel 1536, con le nuove direttive del Ferramolino che imponevano l’edificazione di un nuovo bastione nella zona, rientrò, a partire dal 1537, all’interno delle nuove mura fortificate della città. Fino al 1572 circa i monaci convissero con la fortificazione militare ed anzi ebbero il permesso di coltivarne parte del terreno. Successivamente però il senato palermitano acquisì chiesa e monastero pagandoli 10000 scudi, trasferendo i monaci presso la chiesa ed il convento di S.Spirito (là dove adesso si trova il più antico cimitero della città).
Il bastione era uno dei più estesi, accoglieva numerosi cannoni e serviva da supporto al vicino baluardo di Vega.
Sin dalla fine del XVI secolo il bastione, insieme al complesso religioso, fu utilizzato come lazzaretto e alcuni locali furono adibiti a magazzini di grano, di armi, di neve ed altro e, a partire dal 1582 divenne persino il primo teatro popolare cittadino. A far data dal 1748 i locali del monastero accolsero un ospizio per i poveri e poi, dal 1855, l’ospedale Meretricio o Sifilocomio. La collocazione dell’ospedale dello Spasimo destò grande preoccupazione nel quartiere. Furono erette alcune alte mura lungo il ciglio del bastione dello Spasimo, per impedire la vista delle meretrici inferme dalle vicine abitazioni e dal vicino Monastero di Santa Teresa. Dal 1888 al 1986 i locali sono stati adibiti a ospedale geriatrico intitolato al principe «Umberto I di Savoia».
Il Bastione dello Spasimo in un’incisione del 1896
Malgrado il degrado e l’abbandono, ancora oggi il bastione si presenta, almeno nelle sue strutture esterne, abbastanza integro.
Il bastione dello Spasimo visto dall’alto (lato nord). Google Earth
Bastione dello spasimo lato est con orecchione. Google Earth
Bastione dello Spasimo lato nord. Google Earth
I due orecchioni sono ancora visibili, se si ha la voglia di cercarli, tra le strade e stradine della Kalsa.
Orecchione est Bastione dello Spasimo dal vicolo del Pallone
Orecchione ovest del Bastione dello Spasimo da via Pardi
Tratti di mura del Bastione dello Spasimo da vicolo del Fosso
BASTIONE DI PORTA DI TERMINI O DELLA PACE
All’incrocio tra Corso dei Mille e Via Garibaldi, c’era il bastione di Porta di Termini, dal nome dell’adiacente duecentesca porta. La sua data di costruzione è tuttora incerta e dovrebbe collocarsi tra il 1536 e il 1571. Il bastione era da sempre sprovvisto di pezzi di artiglieria e, a partire dal 1657, fu affidato in modo perpetuo alla Nobile Compagnia di Santa Maria della Consolazione detta della Pace che vi aveva già eretto, dal 1660, un oratorio; sul bastione era altresì presente, sin dalla fine del XV secolo la chiesa, tuttora esistente, di Santa Venera costruita in ringraziamento per la liberazione dal contagio della peste. Dopo la realizzazione del baluardo, la chiesa fu sconsacrata e utilizzata talvolta come lazzaretto.
Nel 1852 il governo borbonico ordinò la demolizione della porta, ritenuta covo dei rivoluzionari artefici dei moti del 1820 e del 1848. Stessa sorte subì il sovrastante oratorio e parte del bastione. Oggi in via Garibaldi (un tempo via di porta di Termini) resta solo una piccola traccia delle mura abbattute e soprattutto il sovrastante giardino del bastione ricco di vegetazione, a cui si accede da un cancello perennemente chiuso.
Resti delle mura di Porta di Termini in via Garibaldi
Una foto dall’alto mostra chiaramente i resti del bastione di Termini con il giardino e la chiesa di S.Venera.
Bastione di Porta di Termini. A sinistra via Garibaldi a destra la chiesa di S.Venera. Google Earth
Mura della Pace con la sovrastante chiesetta di S.Venera
BALUARDO DI S. ANTONINO O DI VICARI
Il bastione fu costruito tra il 1537 e il 1571 e fu chiamato di S. Antonino forse perché, intorno al 1582 i frati francescani del convento di S. Maria di Gesù pensarono di realizzare sopra al baluardo un’infermeria per i frati malati. Nel 1601, in seguito all’apertura dell’odierna via Maqueda (ai tempi chiamata Via Nuova) fu aperta la porta di Vicari in onore del pretore della città Don Francesco del Bosco, conte di Vicari. Secondo Rosario La Duca la porta “era stata realizzata creando una specie di breve galleria sotto il baluardo” ed aveva quindi due prospetti, uno rivolto verso la città e l’altro verso l’esterno e tra i due ingressi vi era una volta lunga quanto lo spessore dello stesso baluardo. Successivamente, di fronte al baluardo, tra il 1630 e il 1635 furono costruiti sia la chiesa che il convento di S.Antonino.
Tra il 1789 e 1790 il bastione e la porta furono rasi al suolo per consentire l’edificazione della nuova porta eretta un po’ più avanti per essere in linea con il nuovo stradone di S. Antonino (odierna via Lincoln).
BALUARDO DI PORTA S. AGATA
Prende il nome dalla porta omonima, una delle più antiche della città. Non vi sono evidenze sicure in merito alla data di edificazione del baluardo. Secondo l’Inveges fu costruito su iniziativa del viceré don Francesco Ferdinando d’Avalos Marchese di Pescara nel 1570 in difesa della porta omonima già esistente. Un’altra versione parla di un primo baluardo costruito tra il 1535 e il 1540, su iniziativa del viceré Gonzaga poi inglobato in un altro più grande eretto tra il 1569 e il 1573 dal Marchese di Pescara. Fu abbattuto nel 1885-86. Accanto alla porta di S.Agata è possibile scorgere tratti delle mura antiche in via Mura di S.Agata.
Antiche mura presso porta S.Agata (a destra) in via Mura di S.Agata. Google Earth
BALUARDO DI PORTA MAZZARA O DI PORTA MONTALTO O DI PESCARA
Il baluardo porta tre differenti nomi perché tre sono stati i momenti che hanno contraddistinto la sua storia. Già dal XIII secolo, infatti, era presente nell’antica cinta muraria una porta nota come porta di Mazzara che era rivolta a sud ovest. Qui fu innalzato nel 1537 il primo baluardo, realizzato secondo i dettami del Ferramolino, proprio accanto alla porta. Ben presto però ci si rese conto che il bastione era inadeguato agli scopi per cui era stato realizzato così che nel 1569 il viceré Francesco Ferdinando Avalos, marchese di Pescara, fece costruire un secondo baluardo, ostruendo la porta ed inglobandola nella nuova costruzione.
Nel 1625 il bastione fu restaurato, per iniziativa del Presidente del Regno il Cardinale Giannettino Doria.
Nel 1638 sotto il governo del viceré Luigi Moncada Duca di Montalto un nuovo baluardo ancora più grande fu eretto sul precedente è si procedette all’apertura di una nuova porta che, come il baluardo stesso, prese il nome di Montalto. La porta fu aperta sul lato sud delle mura, in direzione della campagna meridionale della città. Col passare degli anni, venuta meno la sua funzione difensiva nel 1791 (altre fonti parlano del 1798) il bastione fu dato in concessione, per i servigi resi alla città al senatore Giuseppe Emanuele Carcamo (o Caccamo) il quale vi fece costruire una dimora con attorno un florido giardino.
Una piccola curiosità: l’attuale Ospedale dei Bambini che si trova quasi di fronte Porta Mazzara, fu costruito sui resti dell’antico Convento dell’Annunziata, di cui oggi rimane, all’interno del nosocomio, solamente il porticato dell’antico chiostro.
Porta Montalto prima della demolizione. Dietro si scorge il convento dell’Annunziata e parte del frontone della chiesa
Nel 1885 il bastione con la vicina porta furono demoliti mentre si salvò porta Mazzara.
Porta Montalto poco prima della demolizione (Foto Pezzillo)
Nella Piazza di Porta Montalto sono ancora visibili i brandelli delle vecchie mura della città.
Brandelli di mura antiche nella piazza Montalto
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