Le fortificazioni cinquecentesche a Palermo
All’inizio del XVI secolo il viceré di Sicilia Ettore Pignatelli Alferi, duca di Monteleone cominciò ad intraprendere l’opera di fortificazione delle principali città costiere siciliane spesso minacciate dalle numerose incursioni barbaresche. In effetti, la diffusione delle armi da fuoco e dei cannoni, rese necessario adeguare il sistema difensivo cittadino.
Nel 1536 l’ingegnere di origine bergamasche Antonio Ferramolino, esperto in edilizia militare, fu incaricato dal subentrante viceré Ferrante Gonzaga di realizzare un nuovo sistema di fortificazioni. In realtà la città di Palermo (come tutte le città dell’isola) era già protetta da alte mura merlate e da torrioni che però erano troppo fragili ed inadeguati a resistere alle nuove armi da fuoco quali i cannoni che, utilizzati anche dalle navi, riuscivano a neutralizzare facilmente i sistemi difensivi della città.
Nacque così la necessità di realizzare strutture difensive più moderne e più idonee a resistere alle nuove forme di aggressione, soprattutto da parte dei pirati provenienti dal mare. Si pensò quindi di costruire mura più basse ma molto più solide e resistenti ai cannoneggiamenti; tali mura furono intervallate da bastioni e baluardi (13 in tutto) oltre i quali correva un fossato. Sui bastioni furono collocate, in forma stabile, batterie di cannoni e di armi da fuoco, in grado di rispondere agli attacchi nemici rendendoli inoffensivi e di difendere le porte d’accesso alla città, che si trovavano nei loro pressi.
La città era protetta anche dai due castelli principali e cioè il Palazzo Reale e il Castello a Mare ed anche da alcuni forti minori quali la Garita, il Forte del Molo e quello della Lanterna. Infine, in direzione di Messina i forti di S.Erasmo, di Sacramento e la Torre di Acqua dei Corsari completavano la difesa della costa vicina alla città.
La difesa delle città andava di pari passo con la difesa delle coste grazie alla costruzione di torri di avvistamento che, in tempo reale, fossero in grado di segnalare, per mezzo di fuochi o fumi, l’arrivo dal mare delle navi dei pirati.
Palermo quindi si fornì di una nuova cinta muraria la cui realizzazione si protrasse nel tempo e coinvolse anche le successive amministrazioni viceregie, prime fra tutte quelle di Ferrante I Gonzaga, (1535-1546) e di Juan de Vega (1547-57) e di altri successivi viceré.
Terminati i lavori di edificazione della nuova cinta muraria la città assunse quella forma che la contraddistingue ancora oggi, almeno per quanto riguarda il centro storico. Alla fine dello stesso secolo XVI, l’apertura della via Nuova (1599), oggi via Maqueda suddividerà la città nei quattro mandamenti che ancora oggi la caratterizzano. La stampa della città di Palermo, compilata da Orazio Maiocco, incisa da Natale Bonifacio e pubblicata a Roma da Claudio Duchetti nel 1580, fotografa la città alla luce delle nuove fortificazioni realizzate all’inizio del secolo XVI.
Mappa di Palermo di Orazio Maiocco intorno al 1580
Lungo il margine inferiore della stampa è incisa una legenda numerica con 128 voci, distribuite su quindici colonne, che rimandano a luoghi e monumenti importanti, tra i quali i bastioni e i baluardi.
I 13 bastioni svolsero la loro funzione difensiva soprattutto nei secoli XVI e XVII ma col passare del tempo, diminuendo le incursioni barbaresche dal mare, molti di essi, inutilizzati, furono dati in concessione sia a famiglie facoltose che a enti religiosi o laici i quali sfruttarono gli spazi per uso funzionale alle proprie necessità.
BASTIONE DEL PALAZZO O DI S. PIETRO O DI PORTA DI CASTRO
Il bastione, a forma pentagonale, è tuttora esistente e nei secoli, ebbe differenti denominazioni: si chiamò bastione del Palazzo dal Palazzo Reale, di S. Pietro dalla chiesa dedicata a S. Pietro (Cappella Palatina) e di Porta di Castro dalla vicina porta che sovrastava. Esiste ancora oggi la via Porta di Castro che si diparte proprio dalla piazzetta sottostante il bastione, detta della Pinta o dell’Itria (dall’omonima chiesetta). Da questa stessa piazzetta ha altresì origine la via del Bastione che ricorda lo stesso baluardo. Quest’ultimo fu eretto per volere di Ferrante Gonzaga come difesa del lato occidentale della città prospicente il piano di Santa Teresa (attuale piazza Indipendenza) e fu portato a termine nel 1560 dal viceré Juan de la Cerda. Il bastione fu potenziato nel 1649 per volere del presidente del regno Gian Giacomo Teodoro Trivulzio, a seguito di rivolte popolari contro il potere viceregio Questi fece costruire, a difesa del palazzo dei viceré, due ulteriori bastioni più piccoli (S.Michele lato Porta di Castro e S.Giacomo lato Porta Nuova) muniti di artiglieria e rivolti ad oriente, verso la città. Durante i moti rivoluzionari del 1848 questi due bastioni furono danneggiati, e subito dopo demoliti.
Quando il bastione perse la sua funzione difensiva, fu impiantato sulla sua sommità un giardino che, alla fine dell’800, aveva le caratteristiche tipiche del giardino rinascimentale. Oggi il giardino del bastione è sicuramente meno curato di allora ma mantiene ancora un certo decoro sebbene accolga numerose infrastrutture di servizio. Pietro Todaro, esperto del sottosuolo di Palermo, ci dice che al di sotto delle fondazioni perimetrali del bastione di S. Pietro al Palazzo Reale esiste un camminamento sotterraneo militare.
Bastione della balata
BASTIONE DEL PAPIRETO O DELLA BALATA O DI PORTA D’OSSUNA O DI PORTA GUCCIA
Il bastione ha avuto nel corso dei secoli numerose denominazioni: si chiamò del Papireto, dal fiume omonimo che scorreva nei pressi, della Balata, dalla sorgente omonima che si trovava lì vicino (Ayn Rotah, araba), di Porta d’Ossuna, dall’antica porta che fu aperta il 4 febbraio 1613 sotto il governo del viceré di Sicilia Pietro Giron duca d’Ossuna.
Nel 1792, venuta a mancare l’originaria funzione di difesa del sito, il Senato Palermitano concesse al marchese Giovan Battista Guccia e Bonomolo il terreno insistente sul bastione. Questi vi fece realizzare la propria dimora nobiliare che fu inaugurata nel 1793. Dal palazzo è possibile accedere al giardino pensile in cui si trova una vecchia torretta sulla quale, in periodo bellico, si sarebbe dovuta montare una postazione antiaerea. I sotterranei del palazzo, che farebbero parte del complesso catacombale di Porta D’Ossuna, furono utilizzati nel 1940 come ricovero antiaereo.
Si accede al palazzo, e di conseguenza al bastione, dal vicolo Guccia ad angolo con la via Papireto, accanto al convento delle Cappuccinelle in cui, in un seminterrato, fu realizzata la sepoltura delle monache. Nella seconda metà dell’800, il nipote omonimo del fondatore del palazzo fu accademico e Professore Ordinario presso Regia Università di Palermo, nonché fondatore del Circolo dei Matematici, uno dei più emeriti d’Europa.
Bastione del Papireto. Google Earth
Bastione del Papireto. In basso l’ingresso del palazzo Guccia in via Guccia. Google Earth
Bastione del Papireto. A destra in basso l’antica torretta. Google Earth
Bastione del Papireto lato sud
Bastione del Papireto su via Papireto. A sinistra inizio di Via Guccia (foto Pezzillo)
Via Guccia. In alto il giardino del Bastione del Papireto
Via Guccia ingresso del palazzo omonima